MONTEGROTTO. Almeno cinquecento persone hanno affollato il palazzo del Turismo per ascoltare don Ciotti, fondatore del gruppo Abele che si occupa di emarginati, che ha parlato di nuove droghe e nuove solitudini. La conferenza è stata incentrata su cosa spinge i giovani d'oggi a rifugiarsi nella droga? «Bisogna fare una lettura non dei giovani e della droga, ma delle persone e le dipendenze - spiega don Ciotti -. Nell'arco di questi trent'anni ci sono state profonde trasformazioni. Ci sono ancora persone dipendenti dall'eroina ma c'è una fascia di persone che non è legata a problemi di ordine sociale, di emarginazione, che usano le sostanze come forme di mediazione, per reggere il ritmo di una serata o per superare il grigiore di una settimana. Si impone quindi una lettura delle nuove droghe, che sono un mondo completamente diverso dalla tossicodipendenza e sono legate a degli stili di vita. Si impone anche una seria riflessione su tutte le dipendenze, dall'alcolismo, all'abuso del fumo, alle droghe pesanti tradizionali, le nuove droghe, le nuove dipendenze da internet, dai videogiochi, dal gioco, la bulimia e l'anoressia. Un ragazzo che assume ecstasy non si riconosce nel mondo della tossicodipendenza. Bisogna trovare altri strumenti per combattere queste dipendenze».
Quali pertanto gli strumenti per combattere la tossicodipendenza? «La lotta al mercato, la prevenzione, l'educazione, che deve essere fatta con coerenza e continuità. E poi la comunità, l'accoglienza, l'offerta di opportunità anche a chi ha fallito il rapporto con le comunità».
Quale la povertà che bussa con più insistenza alle porte dell'Italia civile di questi anni? «La malattia mortale di questi anni è l'indifferenza. Il problema sono i giovani periferici, migliaia di ragazzi che sono oppressi dalla noia e che non fanno rumore, per questo passano inosservati. Bisogna stanarli e renderli protagonisti. Ancora più preoccupanti sono i giovani che hanno la periferia in testa e navigano tutto il giorno in internet in silenzio e solitudine, i giovani vittime della depressione. Questi i volti nuovi che devono essere accolti, e che devono avere tutti la stessa attenzione e devono essere trattati con la stessa dignità». |